giovedì 6 gennaio 2011

Emozioni...questi ospiti sconosciuti da imparare a nominare...

BISOGNA EDUCARE I GIOVANI AD ESSERE SE STESSI, ASSOLUTAMENTE SE STESSI. QUESTA E’ LA FORZA D’ANIMO (…) OCCORRE ACCOGLIERE A BRACCIA APERTE LA PROPRIA OMBRA (…) ACCOLTA L’OMBRA CEDE LA SUA FORZA…

…Dispongono ancora i nostri giovani di una psiche capace di elaborare i conflitti e quindi, grazie a questa elaborazione, di trattenersi dal gesto? Esiste nella loro cultura e nelle loro pratiche di vita un’educazione emotiva che consenta loro di mettere in contatto e quindi di conoscere i loro sentimenti, le loro pulsioni, la qualità della loro sessualità e i moti della loro aggressività?Oppure il mondo emotivo vive dentro di loro a loro insaputa, come un ospite sconosciuto a cui non sanno dare neppure un nome? Se così fosse, di fatti simili a quelli sopra elencati aspettiamocene molti, perché è difficile pensare di poter governare la propria vita senza un’adeguata conoscenza di sé. E qui non alludo alla conoscenza postuma che in età adolescenziale o in età adulta porta qualcuno dallo psicoterapeuta a cercar l’anima o direttamente in farmacia nel tentativo di sedarla. Qui faccio riferimento quella cura dell’emotività che prende avvio dal giorno della nascita, quando il neonato si attacca al seno materno e, insieme la latte, assapora l’accoglienza, l’indifferenza, il rifiuto. (…)

Poi si cresce, e nell’educazione della prima infanzia vedo pari e madri che promuovono un’educazione fisica e un’educazione intellettuale, ma non un’EDUCAZIONE EMOTIVA, che è poi l’educazione dei sentimenti, delle emozioni,degli entusiasmi, delle paure. Tutte queste cose il bambino le organizza sa sé come può e soprattutto con gli strumenti che NON HA.(…)

E allora prima del lettino dello psicoterapeuta dove le parole si scambiano, come è noto, a pagamento, prima dei farmaci che soffocano tutte le parole con cui potremmo imparare a nominare e a conoscere i nostri moti dell’anima dobbiamo convincerci della necessità e dell’urgenza di un’educazione emotiva preventiva, di cui scarsissime sono le occasioni in famiglia, a scuola e nella società.

(Tratto da: L’ospite inquietante, Umberto Galimberti, Feltrinelli)