Sono passati poco più di 3 mesi. Tre mesi di lavoro concentrato in qualche ora settimanale. Mesi di idee, vuoti, illuminazioni. Mesi di scrittura, mesi di esercizi, mesi di giochi, mesi di ansie condivise, obiettivi definiti e ridefiniti in continuazione. Il tempo era già dato, già confezionato. Ma all'interno di quello abbiamo avuto la possibilità dell'infinito: noi stessi.
E' così che è iniziata questa avventura, con un "che ne pensate se"...e un "Matteo siediti un attimo qui vediamo come si vede..." e da lì non ci siamo più fermati, Matteo non si è più alzato da lì ed è diventato, senza programmi, senza progetti, senza definizioni nè induzioni, semplicemente, naturalmente, il protagonista burattino.
Come si comincia un lavoro con le ombre? Beh..procuriamoci un telo, cuciamolo, troviamo modi di appenderlo, e la luce? In tutta quest'ombra ci manca la luce. Ci manca proprio spesso la luce. Ma ogni cosa ha trovato il suo posto, luogo e momento. E tutto in una splendida e unica logica: quella della squadra, del gruppo, della cooperazione, della condivisione. Questo ci ha permesso di crescere in fretta in quest'esperienza. Di non perderci e di ritrovarci, ad ogni curva, migliori rispetto al passo precedente.
Il risultato conta, e io, personalmente, lo trovo straordinario! Ma forse sono di parte, l'ho vissuto con loro, l'ho creato con loro, l'ho curato con loro, l'ho respirato in ogni sua emozione. Ma oltre il risultato, ciò che davvero è stato importante in questo viaggio, è stato proprio il percorso, il tragitto, e tutto ciò che abbiamo lasciato e preso e trasformato e ritrovato, dentro noi stessi, all'interno nel gruppo, all'interno del progetto.
Stiamo attraversando insieme un percorso, quello della riscoperta e conoscenza del sistema emozionale ed affettivo e di come funzioni e si utilizzi l'intelligenza emotiva. Stiamo riscoprendo, a piccoli sorsi, il sapore del sentire, del percepire e la capacità di dare significato ai pensieri, ai sentimenti, alle sensazioni e alle azioni. E' un cammino lento e profondo che percorriamo per mesi, insieme, attraverso svariati canali. Ecco. Questo è stato uno di quei canali.
Non si tratta più solo di significare i contenuti: ciò che abbiamo voluto rappresentare non è innovazione e non è scoperta. Ma questa volta abbiamo scelto di fermarci sul COME. Sul come rappresentarlo, sperimentando linguaggi inusuali per noi: la vita di strada, la vita impigliata nelle trappole della droga e della delinquenza ad essa correlata, la vita fatta di impulsi e istinti di sopravvivenza, a volte, e di morte altre, non conviene facilmente con i linguaggi della poesia, della delicatezza, del silenzio, del linguaggio del corpo, dell'agire insieme. E quindi è lì che ci siamo diretti. Nello studio di esperienze nuove per i linguaggi dell'anima che di cose da gridare ne ha a palate, e impara a farlo senza gridare, senza assalire la vita, ma risignificandola, risignificando se stessi.
Li ho visti provare e riprovare, ridere e arrabbiarsi; intimorirsi e vincere le paure rispetto al ruolo, al risultato, alle aspettative. Li ho visti autorganizzarsi nella gestione dei ruoli, lasciar emergere idee, metterle in discussione, definire scelte ed obiettivi. Ho visto momenti di tensione, che abbiamo superato. Ho visto momento di entusiasmo e commozione, che abbiamo condiviso.
Ma ciò che mi è piaciuto di più vedere è stata la soddisfazione nei loro occhi nel rivedersi, davanti ad un pubblico, nella proiezione finale. La soddisfazione di chi, questa volta, ha davvero qualcosa di fiero da mettere in mostra di sè stesso. Di chi si affaccia al pubblico, alla vita, alle famiglie con una sfaccettatura nuova: quella di chi scopre che, in fondo in fondo a quel maledetto tunnel, c'è ancora una possibilità: la possibilità di scegliere.
E ciò che più di tutto continua a commuovermi è, ad ogni proiezione del video, vederli nello stesso punto ogni volta girarsi e guardarmi per indicarmi con un gesto e con lo sguardo, il brivido dell'emozione e la pelle d'oca che gli percorre il cuore e le braccia: quelle martoriate braccia che di storie e racconti ne avrebbero da dirci fino stremarci, e senza poesia e senza dolcezza; quelle braccia graffiate di vita e dolore che oggi riscoprono un po' la sensazione della gioia, della fierezza, dell'orgoglio, dell'emozione, della possibilità, dell'esperienza, della vita.
Stiamo attraversando insieme un percorso, quello della riscoperta e conoscenza del sistema emozionale ed affettivo e di come funzioni e si utilizzi l'intelligenza emotiva. Stiamo riscoprendo, a piccoli sorsi, il sapore del sentire, del percepire e la capacità di dare significato ai pensieri, ai sentimenti, alle sensazioni e alle azioni. E' un cammino lento e profondo che percorriamo per mesi, insieme, attraverso svariati canali. Ecco. Questo è stato uno di quei canali.
Non si tratta più solo di significare i contenuti: ciò che abbiamo voluto rappresentare non è innovazione e non è scoperta. Ma questa volta abbiamo scelto di fermarci sul COME. Sul come rappresentarlo, sperimentando linguaggi inusuali per noi: la vita di strada, la vita impigliata nelle trappole della droga e della delinquenza ad essa correlata, la vita fatta di impulsi e istinti di sopravvivenza, a volte, e di morte altre, non conviene facilmente con i linguaggi della poesia, della delicatezza, del silenzio, del linguaggio del corpo, dell'agire insieme. E quindi è lì che ci siamo diretti. Nello studio di esperienze nuove per i linguaggi dell'anima che di cose da gridare ne ha a palate, e impara a farlo senza gridare, senza assalire la vita, ma risignificandola, risignificando se stessi.
Li ho visti provare e riprovare, ridere e arrabbiarsi; intimorirsi e vincere le paure rispetto al ruolo, al risultato, alle aspettative. Li ho visti autorganizzarsi nella gestione dei ruoli, lasciar emergere idee, metterle in discussione, definire scelte ed obiettivi. Ho visto momenti di tensione, che abbiamo superato. Ho visto momento di entusiasmo e commozione, che abbiamo condiviso.
Ma ciò che mi è piaciuto di più vedere è stata la soddisfazione nei loro occhi nel rivedersi, davanti ad un pubblico, nella proiezione finale. La soddisfazione di chi, questa volta, ha davvero qualcosa di fiero da mettere in mostra di sè stesso. Di chi si affaccia al pubblico, alla vita, alle famiglie con una sfaccettatura nuova: quella di chi scopre che, in fondo in fondo a quel maledetto tunnel, c'è ancora una possibilità: la possibilità di scegliere.
E ciò che più di tutto continua a commuovermi è, ad ogni proiezione del video, vederli nello stesso punto ogni volta girarsi e guardarmi per indicarmi con un gesto e con lo sguardo, il brivido dell'emozione e la pelle d'oca che gli percorre il cuore e le braccia: quelle martoriate braccia che di storie e racconti ne avrebbero da dirci fino stremarci, e senza poesia e senza dolcezza; quelle braccia graffiate di vita e dolore che oggi riscoprono un po' la sensazione della gioia, della fierezza, dell'orgoglio, dell'emozione, della possibilità, dell'esperienza, della vita.
Marta De Lorenzo
"Un capolavoro è una battaglia vinta contro la morte."(Jean Cocteau)
"Emozioni in ombra"
centro terapeutico
"Tenda d'Abramo" Comunità Emmanuel Lecce
gruppo in fase di pre-accoglienza
esperienza laboratoriale/videoteatrale
centro terapeutico
"Tenda d'Abramo" Comunità Emmanuel Lecce
gruppo in fase di pre-accoglienza
esperienza laboratoriale/videoteatrale